Abitando nel regno di uno dei più famosi prosciutti, ovvero quello di Parma, famoso in tutto il mondo e anche molto imitato ma mai identico, il prosciutto di Parma ha in sé la cultura e l’artigianalità affinate nel tempo con cura e amore. Leggendo alcune curiosità ho scoperto che già Catone il Censore nel III secolo a.C, raccontava nel suo testo De Agri cultura i procedimenti di salatura, asciugatura e stagionatura per conservare bene e a lungo le cosce di suino. Passati alcuni secoli Marco Terenzio Varrone indica la Gallia padana come la zona dove sono al lavoro i norcini più abili e pare che perfino Annibale, vittorioso dopo la battaglia della Trebbia del 218 a.C., abbia potuto apprezzare le cosce salate di maiale che gli offrirono gli abitanti della zona in un lauto banchetto. Ma tornando ai giorni nostri, dal 1996 il Prosciutto di Parma ha ottenuto il riconoscimento Denominazione di Origine Protetta (DOP) ed è controllato da un rigido disciplinare produttivo, che è una vera garanzia di qualità. Dovete sapere che tra le caratteristiche che rendono questo prodotto unico è ammesso come conservante tra l’altro in quantità minore rispetto ad altri tipi di prosciutto crudo: il sale marino, la salatura viene fatta a mano, senza altri tipi di additivi ne conservanti, oltre al particolare che l’intera lavorazione avvenga in un’area estremamente limitata della provincia di Parma, quella posta a sud della Via Emilia, ad almeno 5 km da essa, al di sotto dei 900 metri di altitudine, delimitata a est dal torrente Enza e a ovest dal torrente Stirone. Infatti Il grosso della produzione è concentrata attorno al paese di Langhirano, in questa zona si ha luogo a condizioni climatiche ideali per la stagionatura naturale, che conferisce dolcezza e gusto al Prosciutto di Parma. A questa eccellenza italiana è stato dedicato dal 1997 un Festival, e un Museo all’interno dell’ ex Foro Boario.